L' APOCALISSE E' UNA FESTA.

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Il cinema della fine del mondo e l’antropologia di Ernesto de Martino

di Ludovico Cantisani
in copertina: L’ultimo uomo della Terra di Ubaldo Ragona / Sidney Salkow (1964)

Passando dai blockbuster al cinema di autore più rigoroso, L’Apocalisse è una festa sviluppa un’analisi della fantascienza apocalittica e delle sue implicazioni archetipiche e culturali. Prendendo spunto da quanto tracciato da Ernesto de Martino nell’opera postuma La fine del mondo, ma tenendo conto anche della lezione di Girard e di quanto scritto da Jung a proposito degli Ufo, il saggio prende in esame un grande numero di film apocalittici, rileggendoli in un’ottica antropologica.

Si parte dal sottotesto biblico di gran parte dei film di Roland Emmerich, da Independence Day a 2012, per poi andare a indagare l’influenza dell’11 settembre su molto cinema post-apocalittico dei due decenni scorsi, il nichilismo cosmico di Melancholia di Lars von Trier e i suoi legami con l’apocalittica psicopatologica, il simbolismo cristologico di Sacrificio di Tarkovskij e del personaggio di Iron Man nell’ultimo Avengers, la liberatoria conflagrazione del consumismo che chiude Zabriskie Point di Antonioni, e infine Fino alla fine del mondo di Wenders e i suoi legami con l’Apocalisse di Giovanni.

Almeno tre saranno le principali direttrici attraverso cui si vedrà elaborato culturalmente e cinematograficamente il pericolo sempre presente di una “fine del mondo”: l’apocalisse come palingenesi, l’apocalisse come rivelazione e l’apocalisse, in ultimo, come festa.

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Questo libro dialoga con la vulcanica personalità di Antonio Capuano e con la sua opera cinematografica, partendo dall’indissolubile commistione tra la sua dimensione artistica e quella personale, in un corpo a corpo con la sua storia, il suo mondo di appassionate preferenze e altrettanto radicali rifiuti

DA UNA PROSPETTIVA ECCEDENTE.

In dialogo con Antonio Capuano
a cura di Armando Andria, Alessia Brandoni, Fabrizio Croce

Questo libro dialoga con la vulcanica personalità di Antonio Capuano e con la sua opera cinematografica, partendo dall’indissolubile commistione tra la sua dimensione artistica e quella personale in un corpo a corpo con la sua storia, il suo mondo di appassionate preferenze e altrettanto radicali rifiuti, il suo sguardo singolare e sorgivo sulla vita e sul cinema. Composto da una lunga conversazione, nella prima parte, e da saggi critici nella seconda, il volume “fa esperienza” di Capuano approfondendo di volta in volta la regia e il rapporto con gli attori, la concezione del montaggio, la relazione con il paesaggio e con lo spazio urbano, il senso dell’inquadratura, la dialettica tra scrittura e realtà, l’assillo del tempo; incrociando così la vasta gamma di armonie e disarmonie di un percorso entusiasmante e vitale che eccede costantemente i margini.

E rintracciando, come scrivono gli autori, «quel coraggio selvatico e quella autenticità materica che alimentano costantemente il bisogno di andare alla ricerca di una verità delle cose, dentro e fuori di sé».

 

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