L' APOCALISSE E' UNA FESTA.

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Il cinema della fine del mondo e l’antropologia di Ernesto de Martino

di Ludovico Cantisani
in copertina: L’ultimo uomo della Terra di Ubaldo Ragona / Sidney Salkow (1964)

Passando dai blockbuster al cinema di autore più rigoroso, L’Apocalisse è una festa sviluppa un’analisi della fantascienza apocalittica e delle sue implicazioni archetipiche e culturali. Prendendo spunto da quanto tracciato da Ernesto de Martino nell’opera postuma La fine del mondo, ma tenendo conto anche della lezione di Girard e di quanto scritto da Jung a proposito degli Ufo, il saggio prende in esame un grande numero di film apocalittici, rileggendoli in un’ottica antropologica.

Si parte dal sottotesto biblico di gran parte dei film di Roland Emmerich, da Independence Day a 2012, per poi andare a indagare l’influenza dell’11 settembre su molto cinema post-apocalittico dei due decenni scorsi, il nichilismo cosmico di Melancholia di Lars von Trier e i suoi legami con l’apocalittica psicopatologica, il simbolismo cristologico di Sacrificio di Tarkovskij e del personaggio di Iron Man nell’ultimo Avengers, la liberatoria conflagrazione del consumismo che chiude Zabriskie Point di Antonioni, e infine Fino alla fine del mondo di Wenders e i suoi legami con l’Apocalisse di Giovanni.

Almeno tre saranno le principali direttrici attraverso cui si vedrà elaborato culturalmente e cinematograficamente il pericolo sempre presente di una “fine del mondo”: l’apocalisse come palingenesi, l’apocalisse come rivelazione e l’apocalisse, in ultimo, come festa.

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LUCE SU ALBERTO SORDI!
Alberto Sordi nei ricordi dell’autore
della fotografia Sergio D’Offizi

Tra gli artisti italiani della macchina da presa e della luce, autentici maghi dell’immagine, c’è Sergio D’Offizi, classe 1934. Nell’ambito della sua corposa e articolata fi lmografi a, D’Offizi ha stabilito un rapporto privilegiato con Alberto Sordi, uno dei cineasti che ha maggiormente segnato la storia del nostro cinema, come attore e come regista. Attore immenso e uomo di rara intelligenza, Sordi ha saputo circondarsi di persone che valorizzassero al meglio il suo talento di fustigatore dei costumi patrii, con un’attenzione particolare alla sua immagine e al suo personaggio. Sergio D’Offizi è stato per lui prezioso, fedele, fondamentale collaboratore. Il libro racconta puntualmente la storia di questo sodalizio artistico, le scelte luministiche adottate per capolavori quali Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy e Il Marchese del Grillo di Mario Monicelli e l’affi ancamento creativo al Sordi regista in opere sia impegnate e profetiche sia intelligentemente esilaranti come Finché c’è guerra c’è speranza, Le vacanze intelligenti (episodio di Dove vai in vacanza?), Tutti dentro, Io e Caterina, Io so che tu sai che io so. Descrivendo anche, tra le righe di una rigorosa relazione professionale, una lunga amicizia, tanto discreta quanto profonda.

 

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CAFÈ EXPRESS

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Viaggio in treno al termine della notte

CAFÈ EXPRESS – In occasione del centenario della nascita di Nino Manfredi questo libro vuole invitare il lettore alla riscoperta di un capolavoro dimenticato del cinema italiano, un film che, agli albori degli anni ‘80, ha saputo raccontare l’Italia come pochi altri, ricorrendo alla metafora ferroviaria: treni e stazioni ci conducono nel cuore degli anni di piombo del Paese, tra povertà e cigolanti apparati statali, ben al di qua dell’immagine edonista e spensierata del decennio che si sarebbe affermata in seguito.

Attento e acuto osservatore della società nazionale e dei suoi costumi, il regista Nanni Loy sceglie Manfredi per rappresentare un italiano tipico, un venditore abusivo di caffè che nonostante le sfortunate contingenze lotta per sopravvivere, con sostanziale onestà, in un contesto sociale ostile.

Con umanità e sofferta empatia Manfredi ci regala in Cafè Express una delle sue migliori e più intense interpretazioni, aderendo con sorprendente mimetismo e profondità psicologica a un ruolo che gli permette di passare dal registro comico a quello drammatico, nella migliore tradizione della commedia all’italiana. Ad arricchire l’analisi fi lmica i preziosi contributi del produttore, di alcuni dei protagonisti e della troupe.

 

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CONVERSAZIONI SU FAVOLACCE

CONVERSAZIONI SU FAVOLACCE

a cura di Ludovico Cantisani
con foto di set e disegni di Fabio e Damiano D’Innocenzo
in copertina: uno scatto sul set di Favolacce di Fabio e Damiano D’Innocenzo
formato paperback, a colori
ISBN : 978-1-909088-46-7

Pubblicato in occasione dei David di Donatello 2021 e delle numerose candidature ottenute dall’opera seconda dei fratelli D’Innocenzo, il libro ripercorre e indaga la creazione del film rivelazione del 2020 attraverso una serie di conversazioni e un esteso saggio del curatore. In uscita il 10 maggio, il libro sarà disponibile presso i rivenditori on line, sul sito dell’editore (in offerta speciale fino al 31 maggio) e ordinabile in libreria presso l’editore

A discutere con Cantisani (e Alain Parroni nel caso dei registi) la propria esperienza del film sono: Fabio e Damiano D’Innocenzo, l’autore della fotografia Paolo Carnera, la montatrice Esmeralda Calabria, le scenografe Emita Frigato e Paola Peraro, il costumista Massimo Cantini Parrini, i produttori Agostino e Giuseppe Saccà (Pepito Produzioni), i direttori di casting Davide Zurolo e Gabriella Giannattasio, il colorist Andrea “Red” Baracca, e gli attori Barbara Chichiarelli, Ileana D’Ambra, Federico Majorana, Max Malatesta, Lino Musella, Max Tortora.

Nella loro ricchezza e varietà, queste conversazioni, insieme all’analisi critica del curatore, rivelano e mettono a fuoco le intuizioni narrative e registiche e quella serie di originalità che hanno fatto di questo film un caso nel panorama cinematografico italiano.

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È REALE?

È REALE?

Guida empatica del cinedocumentarista

di Gianfranco Pannone

Che cos’è la realtà? Questo titolo sembrerebbe annunciare uno di quei saggi filosofici per addetti ai lavori che si trovano negli scaffali delle librerie specializzate.

Nel libro c’è invece un’ambizione diversa: il desiderio, anche provocatorio, dell’autore di rivolgersi non solo a chi si occupa di “cinema del reale”, ma allo spettatore. Quello stesso spettatore che oggi, assalito da una miriade di input, si imbatte e spesso inciampa in una sempre più ambigua rappresentazione della realtà.

Forte di un’esperienza trentennale e attento ai giovani aspiranti filmmakers (l’autore, tra l’altro, insegna regia), Pannone ci conduce in un originale percorso nell’appassionante lavoro del regista di documentari, che lui ama chiamare “cinedocumentarista”, convinto che lo sguardo documentario sia legato non solo ai contenuti, come impone una vulgata lunga a morire, ma soprattutto al linguaggio delle immagini e al sapiente utilizzo creativo che se ne può fare.

Il suo pensiero parte da un assunto: è reale non solo e non tanto quello che vediamo, ma quello che sappiamo e vogliamo vedere; e richiama così chi filma, chi è filmato e chi vede, a una comune responsabilità etica e alla consapevolezza. Fino a invocare un’ecologia delle immagini. Oltre a trasmettere il suo grande amore per la settima arte e qualche segreto del mestiere, Pannone riflette con noi contemporanei che navighiamo a vista nella “società liquida” e spesso, davanti a una realtà sempre più sfuggente, ci chiediamo: è reale?

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ARCOBALENI DI GRIGI E NUOVI COLORI

Conversazione con Vladan Radovic

a cura di Ludovico Cantisani
in collaborazione con Tobia Cimini e Lorenzo Castagnoli

Vladan Radovic è oggi uno dei più influenti e innovativi autori della fotografia del cinema italiano. Allievo del leggendario Peppino Rotunno, che gli trasmise i segreti e i ricordi dei set di Fellini, Visconti e De Sica, dopo una breve gavetta tra cortometraggi e pubblicità ha esordito nel 2004 con Saimir di Francesco Munzi, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia: recensendo il film, il critico dell’unità Dario Zonta lodò la fotografia, definendola “un arcobaleno di grigi”. Il suo percorso prosegue al fianco di registi molto diversi fra loro, con grande apertura e larghi margini di sperimentazione: da Paolo Virzì e Gianni Zanasi a Salvatore Mereu, da Ruggero Dipaola a Laura Bispuri e Saverio Costanzo. Negli anni Dieci del secondo millennio, con l’abbandono dell’amata pellicola, Radovic si è imposto come uno dei più fini interpreti del digitale ed è stato il primo direttore della fotografia a vincere il David di Donatello per la migliore fotografia con un film in digitale, l’opera terza di Munzi Anime nere. Particolarmente significativo in questo ambito è il suo studio dell’uso delle LUT (Look-Up Table), settaggi applicabili al girato per avvantaggiare il lavoro registico sul set. Radovic è poi il direttore della fotografia che più spesso ha collaborato con il produttore e regista Matteo Rovere, con Sydney Sibilia e il team della Ascent/Groenlandia per film produttivamente innovativi e caratterizzati da una grande esplorazione registica e fotografica, come la trilogia di Smetto quando voglio e la serie televisiva Romulus. Ed è stato distribuito in tutto il mondo Il traditore, crepuscolare ritratto del pentito Tommaso Buscetta, diretto da Marco Bellocchio e interpretato da Pierfrancesco Favino, che Vladan ha accompagnato a Cannes nel 2019. Membro dell’AIC e di Imago, ripercorrendo in questa lunga conversazione il suo lavoro con particolare focus sugli aspetti tecnici ed estetici della fotografia, tra incontri, aneddoti e folgorazioni visive, Vladan Radovic traccia un vero e proprio “state of the art” del cinema italiano contemporaneo.

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LA LUCE NECESSARIA LIBRI CINEMA

LA LUCE NECESSARIA.
Conversazione con Luca Bigazzi

Seconda Edizione aggiornata 2014. Versione a colori

 

Il libro, a due soli anni dalla pubblicazione (2012) è già alla sua seconda edizione aggiornata (2014), con tre nuovi capitoli per oltre 90 nuove pagine. L’aggiornamento riguarda un percorso nel cinema e nei documentari di Carlo Mazzacurati; una riflessione sul passaggio epocale dalla pellicola al digitale; una lettura de “La grande bellezza”, premio Oscar Miglior film straniero 2014, che scava nelle peculiarità del fare cinema dello staff di Sorrentino.
Per il resto il libro “illumina” aspetti poco noti delle migliori opere cinematografiche italiane degli ultimi trent’anni. Dopo la prefazione di Silvia Tarquini e il saggio introduttivo del curatore, la narrazione di Luca Bigazzi – direttore della fotografia e insieme operatore di macchina – si snoda attraverso dodici capitoli raccogliendo con coerenza caratteri tecnici, artistici ed etici del lavoro sul set. Bigazzi racconta il sodalizio con Silvio Soldini, le scelte linguistiche coraggiose e in anticipo sui tempi al fianco di Daniele Segre, lo straordinario lavoro con Martone sul territorio napoletano, l’esperienza con il dirompente cinema di Ciprì e Maresco in bianco e nero, l’avventura in Albania con Gianni Amelio, le collaborazioni con le diverse sensibilità di Giuseppe Piccioni, Francesca Comencini, Antonio Capuano, Ivan Cotroneo, l’attenzione ai registi esordienti, la militanza nel cinema impegnato di Andrea Segre e Leonardo Di Costanzo, le incursioni nel documentario, la scoperta di un regista come Abbas Kiarostami e, naturalmente, la partecipazione costante al cinema di Paolo Sorrentino, che con “La grande bellezza” gli regala l’Oscar per il miglior film straniero. A fare da specchio all’esposizione di Bigazzi, una straordinaria sezione “Testimonianze”, con 24 contributi di registi, attori, produttori che hanno lavorato con lui. Da segnalare il ricco apparato iconografico del volume, a colori, con foto di noti fotografi di scena.

DISPONIBILE A PREZZO SCONTATO SUL NOSTRO SITO OPPURE SU AMAZON.IT:
disponibile in versione a colori (edizione ampliata 2014)
versione economica in bianco e nero  (edizione ampliata 2014)
ed ebook (edizione 2012)

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STANLEY AND US
1997 – 2001: un’odissea kubrickiana

Dopo venti anni dall’uscita su RAISAT Cinema degli ultimi otto episodi del documentario-fiume Stanley and Us, ritorna in libreria il volume omonimo, in concomitanza con l’uscita su ChiliTV e altre piattaforme streaming del primo dei nuovi episodi, rivisti e rimontati, dedicati all’opera di Stanley Kubrick.

Questo libro, aggiornato a quanto è accaduto fino a oggi, ripercorre nella prima parte le rocambolesche avventure dei “tre mangiaspaghetti italiani” – come furono apostrofati nel 1999 da alcuni scettici fan internazionali di Kubrick – che partirono alla volta dell’Inghilterra animati dal sogno di realizzare un documentario impossibile sul cineasta, Nella seconda parte il volume propone dieci capitoli dedicati a vari aspetti della vita e dell’arte di Kubrick, attraverso le voci di circa cinquanta tra collaboratori, attori e famigliari.

Un’operazione quasi enciclopedica di ricerca e studio su uno degli artisti più importanti dello scorso secolo, ma sostenuta da una scrittura leggera e ironica, capace di trascinare il lettore in un “maelstrom” di emozioni e informazioni in cui si rischia di perdere l’orientamento, tali e tante sono le forze in gioco, artistiche, industriali, culturali ed esistenziali.