ARCOBALENI DI GRIGI E NUOVI COLORI
Conversazione con Vladan Radovic
a cura di Ludovico Cantisani
in collaborazione con Tobia Cimini e Lorenzo Castagnoli
Vladan Radovic è oggi uno dei più influenti e innovativi autori della fotografia del cinema italiano. Allievo del leggendario Peppino Rotunno, che gli trasmise i segreti e i ricordi dei set di Fellini, Visconti e De Sica, dopo una breve gavetta tra cortometraggi e pubblicità ha esordito nel 2004 con Saimir di Francesco Munzi, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia: recensendo il film, il critico dell’unità Dario Zonta lodò la fotografia, definendola “un arcobaleno di grigi”. Il suo percorso prosegue al fianco di registi molto diversi fra loro, con grande apertura e larghi margini di sperimentazione: da Paolo Virzì e Gianni Zanasi a Salvatore Mereu, da Ruggero Dipaola a Laura Bispuri e Saverio Costanzo. Negli anni Dieci del secondo millennio, con l’abbandono dell’amata pellicola, Radovic si è imposto come uno dei più fini interpreti del digitale ed è stato il primo direttore della fotografia a vincere il David di Donatello per la migliore fotografia con un film in digitale, l’opera terza di Munzi Anime nere. Particolarmente significativo in questo ambito è il suo studio dell’uso delle LUT (Look-Up Table), settaggi applicabili al girato per avvantaggiare il lavoro registico sul set. Radovic è poi il direttore della fotografia che più spesso ha collaborato con il produttore e regista Matteo Rovere, con Sydney Sibilia e il team della Ascent/Groenlandia per film produttivamente innovativi e caratterizzati da una grande esplorazione registica e fotografica, come la trilogia di Smetto quando voglio e la serie televisiva Romulus. Ed è stato distribuito in tutto il mondo Il traditore, crepuscolare ritratto del pentito Tommaso Buscetta, diretto da Marco Bellocchio e interpretato da Pierfrancesco Favino, che Vladan ha accompagnato a Cannes nel 2019. Membro dell’AIC e di Imago, ripercorrendo in questa lunga conversazione il suo lavoro con particolare focus sugli aspetti tecnici ed estetici della fotografia, tra incontri, aneddoti e folgorazioni visive, Vladan Radovic traccia un vero e proprio “state of the art” del cinema italiano contemporaneo.